Corpo e mente nell'era della social-abbondanza

Corpo e mente nell'era della social-abbondanza

A cura di Antonella Vitelli. Con i contributi tematici di Leonardo Mendolicchio e Giovanni Spera

La capacità del cibo di coinvolgere i sensi in un'esperienza multisensoriale si è evoluta in modo significativo nell'ambito della società contemporanea. L'ascesa dell'opulenza ha ampliato notevolmente l'accessibilità degli alimenti, introducendo con ciò una serie di complessità. Quest'era caratterizzata da una dualità tra atteggiamenti "cibofobici" e "cibofilici" ha innescato l'emergere di veri e propri disturbi alimentari, il cui impatto si è acuito ulteriormente a causa delle difficoltà legate alla pandemia e all'incremento esponenziale dell'uso dei social media. E' davvero così?


Il cibo è una parte essenziale della nostra vita, non solo perché ci fornisce l'energia per sopravvivere, ma anche perché rappresenta una forma di espressione culturale, un piacere per il palato e una fonte di connessione sociale.Una delle meraviglie del "mangiare" è la sua capacità di coinvolgere tutti i nostri sensi sperimentando una vasta gamma di gusti, odori, colori e consistenze. Tuttavia, quando questa millenaria ricerca di soddisfazione si è trasformata in un problema?

Senza dubbio l'avvento della società dell'opulenza ha rappresentato una tendenza significativa nell'evoluzione della società moderna. Questa tendenza è emersa soprattutto nei paesi industrializzati dove la disponibilità di cibo è aumentata in modo significativo. Ma non solo, secondo un rapporto pubblicato dalla Federazione Mondiale dell'Obesità entro il 2035 si osserverà una crescita più rapida nell'aumento di peso tra i bambini, in particolare nei Paesi più svantaggiati dell'Africa e dell'Asia. Ciò è dovuto a diverse cause, tra cui il cambiamento verso la dieta con tanti cibi elaborati, uno stile di vita sedentario, politiche nazionali deboli per il controllo del settore alimentare e del marketing associato, nonché servizi sanitari carenti che non coprono gli interventi relativi ai rischi legati all'aumento di peso o all'educazione alla salute.

Quindi obesità, una serie di malattie correlate e un impatto significativo sull'ambiente. La deforestazione, l'uso intensivo dell'acqua e la produzione di gas serra legati all'agricoltura industriale sono diventati problemi ambientali critici.

Ma non abbiamo esagerato?

La risposta é evidentemente sì - dice a Lentiapois Leonardo Mendolicchiomedico psichiatra psicoterapeuta specializzato nella cura dei disturbi alimentari

Viviamo in una società "cibofobica" e "cibofilica" allo stesso tempo.

Da un lato, è innegabile l'abbondanza di programmi televisivi e trasmissioni dedicati all'arte culinaria, che ci affascinano con piatti prelibati e presentazioni artistiche di pietanze, spesso presentati da rinomati chef e apprezzate da un vasto pubblico. Questi spettacoli culinari non solo ci intrattengono ma celebrano anche la creatività gastronomica, portando il cibo al centro delle nostre conversazioni quotidiane.

Dall'altro lato, assistiamo a una sorta di dualismo culturale, quasi schizofrenico, nel quale si promuove un approccio altamente salutista al cibo. In questa prospettiva, c'è un'enfasi costante sul controllo delle calorie, sulla gestione del peso e sulla ricerca della forma fisica ideale. Questo atteggiamento può spesso generare ansia riguardo all'alimentazione e al corpo, portando molte persone a sentirsi costantemente in bilico tra il desiderio di godere del cibo e l'ansia di mantenerlo sotto controllo.

Il tema del cibo è intrinsecamente legato a quello del corpo, poiché ciò che mangiamo ha un impatto diretto sulla nostra salute e sulla nostra immagine corporea. Questa connessione può portare a una serie di riflessioni e comportamenti complessi, poiché la società moderna pone un'enfasi crescente sulla perfezione estetica e sulla forma fisica. L'ossessione per il corpo perfetto può spesso essere esacerbata dai media e dai social media, che diffondono immagini di ideali di bellezza irrealistici e incoraggiano la comparazione con gli altri.

In questo contesto, il cibo diventa non solo una fonte di nutrimento, ma anche un mezzo attraverso il quale le persone cercano di raggiungere gli standard estetici imposti dalla società. Questa complessa interazione tra cibo e corpo merita una riflessione approfondita, poiché ha un impatto significativo sulla salute mentale e fisica delle persone e può influenzare le loro decisioni alimentari e lo sviluppo di disturbi legati all'alimentazione.

Dottore la pandemia ha rappresentato un asse importante nell'insorgenza dei disturbi del comportamento alimentare, soprattutto nei più giovani. Cosa è accaduto?

Purtroppo sì, la pandemia ha inciso enormemente sulla recrudescenza dei disturbi del comportamento alimentare e sull’ossessione tra corpo e cibo e l'ha fatto in una misura importante sui più giovani. E' innegabile la promozione del tema della perfezione e della performance in questi universi, ma va ricordato che la causa dei disturbi alimentari non è nel voler aspirare a un corpo perfetto, ma le cause risiedono più in profondità e possono dipendere da diversi fattori.

Secondo una nuova ricerca canadese, i disturbi alimentari che richiedono cure ospedaliere sono aumentati “significativamente” tra i bambini e gli adolescenti in durante la pandemia"La pandemia ha fatto luce sui disturbi alimentari ed è servita da catalizzatore" ha affermato la dottoressa Alene Toulany, specialista in medicina dell'adolescenza presso l'Hospital for Sick Children (SickKids) di Toronto nonchè coautrice dello studio.

La Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza ha evidenziato un progressivo abbassamento dell'età di insorgenza di malattie legate ai comportamenti alimentari. In questo complicato rapporto con il cibo entrano, secondo diversi studi, anche i social network per via di una ricerca di convalida dall'esterno e di una naturale esposizione al confronto con gli altri.  Sono sempre più comuni video sfide relative alle misurazioni corporee, video di “body-checking” in cui l’utente si filma davanti allo specchio, e confronta “prima e dopo” in seguito a regimi alimentari specifici. Il numero di visualizzazione resta impressionante, ad esempio l’hashtag #bodychecking si presenta come macrocontenitore di oltre 5,8 milioni di visualizzazioni. Questi video possono assumere varie forme e sfumature, ma il loro impatto psicologico, a parere degli esperti, è profondo. Innanzitutto, promuovono l'idea che il valore di una persona sia strettamente correlato all'aspetto fisico, creando una pressione costante per conformarsi a ideali di bellezza irrealistici. Questi ideali spesso vengono perpetuati da celebrità, influencer dei social media e dai media in generale, creando un clima in cui le persone si sentono costantemente giudicate e confrontate con standard inaccessibili. Ciò nonostante va chiarito che, come dice Chelsea Kronengold, portavoce della National Eating Disorders Association

I social media in generale non causano disturbi alimentari. Tuttavia, possono contribuire a un disturbo alimentare.

Ma dove inizia il contesto, la società e qual è la valenza che riveste la genetica? 

Mendololicchio risponde: E’ una domanda importantissima e difficile. Dovremmo dire che anoressia, bulimia e obesità grave hanno quadri molto complessi e di fronte a questa complessità ridurre è complicato. Di fatto ci sono entrambe le componenti. Ci sono malattie genetiche tout court e molti disturbi epigenetici che si nascondono nell’interfaccia tra gene e ambiente. Molti aspetti epigenetici entrano in queste patologie. Modificano il modo in cui le cellule funzionano. Quando parliamo di epigenetica parliamo anche di quello che il mondo trasmette al corpo. In questa società basata su diet culture si crea un substrato su cui il disagio si può trasformare in vero e proprio disturbo.

Sì, ma in maniera silente e senza "coercizione" direbbe il filosofo coreano Byung-Chul Han. Han da anni descrive l'impatto tecnologico e social sull'ontologia umana. Nello specifico la società che descrive non è più quella di Freud e Foucault, basata su passaggi disciplinari e inibitori, ma si assiste al superamento della logica proibizionista per entrare in un modello di società neoliberale, psico-politica e permissiva dove l'individuo crede di essere soggetto di libero arbitrio, ma nei fatti la sua libertà è direzionata verso una "libera" selezione di prodotti che la rete e il mercato hanno impacchettato per lui.

Ne La società della stanchezza B. C. Han scrive:

La psicanalisi freudiana è efficace soltanto in una società repressiva, che fonda la propria organizzazione sulla negatività dei divieti. La società odierna, invece, non è primariamente disciplinare ma è una società della prestazione, che si svincola sempre più dalla negatività dei divieti e si propone come società della libertà. 

Insomma il senso di libertà nel mondo digitale e virtuale deriva dalla percezione dell'assenza di un controllo esterno, ma si traduce, paradossalmente, in un'autonomia interna che cerca di soddisfare il desiderio di visibilità mediatica. L'individuo sperimenta una sensazione di libertà perché sembra eliminato il controllo da parte di terzi, ma finisce invece per subire una forma più sottile e invisibile di schiavitù: l'auto-sfruttamento, meccanismo molto più efficace rispetto al controllo e allo sfruttamento proveniente dall'esterno, poiché è accompagnato da un senso di giusta libertà che gli utenti spesso difendono strenuamente come un diritto inalienabile.

E se c'è un posto in cui l'autoesposizione totale appare come imperativo categorico irrinunciabile è senza dubbio l'universo di TikTok. Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica americano PLOS One ha evidenziato come proprio TikTok sia stato capace, in poco tempo e in maniera massiccia, di promuovere una cultura della dieta "tossica". L'obiettivo dei ricercatori è stato dall'inizio quello di identificare i temi chiave nei post relativi al cibo, alla nutrizione e al peso. Sono stati scaricati e analizzati utilizzando l'analisi dei modelli 1000 video provenienti da 10 hashtag popolari relativi a nutrizione, cibo e peso, ciascuno con oltre 1 miliardo di visualizzazioni. Da ciascuno dei dieci hashtag scelti sono stati scaricati i cento video più visti. Due programmatori hanno quindi codificato ciascun video per i temi chiave. I temi chiave includevano l’esaltazione della perdita di peso in molti post, il posizionamento del cibo per raggiungere salute e magrezza e la mancanza di voci di esperti che fornissero informazioni nutrizionali. La maggior parte dei post presentava una visione della salute basata sul peso, con meno del 3% codificato come peso compreso. La maggior parte dei post sono stati creati da adolescenti e giovani adulti bianchi. I contenuti relativi all'alimentazione su TikTok sono in gran parte normativi sul peso e possono contribuire a comportamenti alimentari disordinati.

Aiutare gli utenti e i giovani a discernere informazioni nutrizionali credibili è diventato indispensabile. Purtroppo ogni giorno assistiamo alla ribalta mediatica di  parvenu del web che invocano dimagrimenti e mirabolanti promesse di longevità senza alcuna qualifica medica.

afferma a Lentiapois il Professor Giovanni Spera, Presidente della Società italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare (Sisdca).

La diffusione di informazioni fuorvianti attraverso i social media ha creato un ambiente in cui le informazioni scientifiche possono essere distortamente interpretate o negate, contribuendo così alla diffusione della disinformazione. Questo fenomeno è ormai evidente da diversi anni nel campo della medicina. Un esempio emblematico - continua Spera - è rappresentato dalla dieta chetogenica, spesso conosciuta come la "dieta dei vip" o la "dieta pop". Tuttavia, in campo medico, la dieta chetogenica è tutto tranne che "pop"; è, invece, considerata una vera e propria terapia nutrizionale che richiede una gestione attenta sotto la guida di professionisti al fine di affrontare vari problemi di salute.

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